sabato 21 gennaio 2017

Ciak, si gira: gli effetti speciali di Welcome to Insomnia



Qualcuno a me molto caro, qualche mese prima dell’uscita di “Welcome to Insomnia”, leggendo la bozza del romanzo, mi disse che questo era il più cinematografico dei miei libri (grazie Teo). Nel senso che mentre lo leggeva ne immaginava le sequenze come fossero quelle di un vero e proprio lungometraggio. Questo commento mi ha fatto molto piacere perché era proprio l’effetto che io avevo immaginato quando ne ho concepito la trama. Quindi se Paolo Sorrentino o Gabriele Salvatores dovessero leggere questo post sappiano che, volendo, la sceneggiatura è già bella e pronta. Tornando con i piedi per terra, qui di seguito vi svelo i film che hanno maggiormente ispirato questo ambizioso tentativo di scrivere una storia di fantasmi, per ragazzi di tutte le età, in pieno ventunesimo secolo. I titoli che citerò vi stupiranno alquanto perché non annovererò nessuno dei capolavori del genere horror che tutti avete in mente in questo momento. Cioè, voglio essere chiaro, “Shining”, “The others”, “The ring”, “Il sesto senso” e compagnia briscola li visti, rivisti e adorati, anzi li ho sognati più volte nei miei peggiori incubi, ma nella primavera-estate del 2016, nel momento in cui la trama del romanzo si stava lentamente formando nella mia mente, sono state altre le pellicole che mi hanno costretto a prendere in mano la penna e annotare sul mio personale bloc-notes una serie di spunti, atmosfere, immagini e d emozioni che poi i più attenti tra voi ritroveranno nel libro.

Dunque cominciamo con il primo in ordine cronologico: “L’alba del pianeta delle scimmie” (R. Wyatt 2011) l’ho visto per la prima volta lo scorso anno in tv. Devo confessarvi che ero piuttosto scettico su questa ennesima ripresa cinematografica del romanzo “Il pianeta delle scimmie” di Pierre Boulle del 1963. Invece, minuto dopo minuto, ho dovuto ricredermi. Alla fine ero davvero preso dalla trama e dal ritmo che il regista è riuscito a conferire al suo film. Soprattutto mi è piaciuta molto l’idea di dividerlo in due parti molto diverse, come i due atti di una tragedia: un primo tempo più lento e preparatorio, dove la storia crea lentamente le emozioni, i legami e le relazioni tra i protagonisti e un secondo in cui si scatena l’azione, il ritmo cresce e ti tiene incollato allo schermo fino alla fine. Questo ingrediente ho cercato di mettere in “Welcome to Insomia” per ricreare quella atmosfera che mi ha rapito.

Il secondo film l’ho preso invece in prestito in biblioteca. Si tratta di “Silent Hill” (Chistophe Gans 2006). Mi aveva incuriosito soprattutto il fatto che il soggetto fosse tratto da un celebre videogioco, cosa che in realtà si rivela forse il suo punto più debole, ma soprattutto il fatto che tutta l’azione si svolgesse in questa misteriosa città sulla collina, luogo ai confini della realtà, dove a causa di un fatto tragico accaduto anni prima, si scatenerà l’inferno sulla terra. Il film mi è piaciuto soprattutto nella sua prima parte dove l’atmosfera è molto cupa, c’è una nebbia quasi impenetrabile e le protagoniste, una mamma e la sua piccola figlia, si trovano a contatto con uno scenario dove realtà e incubo sono in bilico su una sottilissima linea di confine. Non voglio rovinarvi la sorpresa nel caso in cui voleste guardarlo, ma la seconda parte, a mio parere, perde molto di quel fascino e infatti non è entrata a far parte del mio romanzo. Ma le atmosfere di una città fantasma dove sei a contatto con le tue paure più profonde erano  esattamente i colori che stavo cercando per dipingere alcune scene di “Welcome to Insomnia”.

Il terzo film in realtà è una intera serie televisiva. Sto parlando di “Ghost Whisperer” ( J. Gray 2005-2010) cinque stagioni di episodi dove la protagonista è Melinda Gordon, una giovane e avvenente donna che ha la sfortuna di poter comunicare con i fantasmi. Anche qui devo ammettere che ero piuttosto prevenuto. Non sono per nulla un fan delle serie televisive e i primi episodi mi sembravano molto melensi e dalla trama piuttosto prevedibile. Nonostante tutto però, ogni sera, immancabilmente, sentivo il bisogno di vederne una puntata. Non so per quale motivo, ma sapevo che la stavano trasmettendo e immancabilmente mi incuriosiva vedere cosa avrebbero inventato quella sera per spedire all’altro mondo un fantasma intrappolato nel limbo tra cielo e terra. Era diventata una specie di droga delle diciannove e trenta. Dovevo scoprire dove i creatori di queste serie inserivano le sostanze psicotrope che ti costringono ad affezionarti ad un personaggio o ad una storia, così le ho viste e studiate tutte, o quasi e ho cercato di carpirne il segreto. Spero di esserci riuscito.

Gli ultimi due film invece sono proprio tra i miei preferiti in assoluto e li cito perché li ho visti talmente tante volte che una parte di loro è sicuramente entrata a far parte dei files del mio cervello che partono in automatico quando penso ad una storia di avventura con una certa dose di suspense. Il primo l’ho visto ventun volte, una visione per ognuno degli esami superati durante l’università. Era una specie di rituale, la sera dopo l’esame mi piaceva riguardare “1997 fuga da New York” (J. Carpenter 1982). Non è un horror, è fantascienza, ma se non lo avete visto, guardatelo: non c’è una sola scena, una sola battuta che cambierei e l’atmosfera cupa e paurosa di quella New York apocalittica, ma con ancora le Torri gemelle sullo sfondo, mi è servita per la mia personale versione della città di Insomnia.
 

Last but not least, il film che non ha influenzato direttamente il romanzo, ma il video della canzone che ne fa da colonna sonora, l’omonima “Welcome to Insomnia”. Sto parlando di “Warriors, i guerrieri della notte” (W.Hill 1979) Quando, girando le riprese del video, camminavo sotto i portici di Consonno indossando il giubbetto di pelle senza maniche, guardandomi in giro come se cercassi la strada del ritorno per la spiaggia e le giostre abbandonate di Coney Island, mi sembrava di sentire risuonare nella testa il famoso ritornello: “Warriors…come out to play?”
 

Ok, avrei ancora tante cose da raccontarvi, ma vi devo lasciare: mi squilla il telefono. “Ciao Quentin, no, non ho ancora ceduto i diritti per la sceneggiatura del mio romanzo, aspettavo la tua proposta!” Come si fa a dir di no a Tarantino?

 
gianlucaalzatiinsomnia Web Developer

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