“Anche
Giovanni quella sera era alle prese con il compito di italiano. Lui di paure
non aveva che l'imbarazzo della scelta e non erano certo quelle dei fantasmi.
Giovanni era il classico ragazzo sovrappeso, come ce ne sono tanti a quell'età
in cui non sei né carne né pesce. Lui però di carne e, soprattutto di adipe, ne
aveva accumulato in abbondanza tanto che il suo soprannome era Piggy e a lui
certo non faceva piacere.” (…)
“Era un grande esperto di rocce e in particolar
modo di fossili.” (…)
“I suoi pezzi più pregiati erano due: la prima
era una felce databile circa 200 milioni di anni della quale si vedevano ancora
nitide le impronte delle piccole foglioline sull’esile fusto che le sosteneva.
L’avevano trovata scavando in una cava ancora in attività, muovendosi
pericolosamente tra cariche di dinamite ancora inesplose e dopo aver scavalcato
faticosamente la recinzione rischiato di rimanere incastrato come un mosca
nella tela del ragno. L’altro cimelio era un pesce. Il suo primo pescetto, come diceva lui. Un
esemplare bellissimo perché si era fossilizzata anche la lisca, le pinne
caudali e addirittura l’occhio. A quella testimonianza della vita nella
preistoria, eternata su una sottile e delicata lastrina di calcare chiaro, era
particolarmente affezionato e diceva che la avrebbe regalata solo se avesse
incontrato una persona veramente speciale che l’avrebbe apprezzata.” (tratto da
“Welcome to Insomnia” Teka edizioni 2016)
Per tratteggiare il personaggio di Giovanni mi sono ispirato
alla figura di un mio grande amico: Giovanni Landra. Grande in tutti i sensi,
sia per il suo fisico importante, sia per l’affetto che provo per lui. Il Gio,
come lo si chiamava abitualmente, era in origine un amico di mia moglie,
conosciuto in università e davvero cultore di grandi passioni come quella per i
fossili e per la geologia che poi sarebbe diventata il suo lavoro. Qui si
fermano i riferimenti biografici al personaggio del romanzo, nel senso che
tutta la questione degli atti di bullismo subiti, del suo rapporto con il cibo
e di come ha vissuto la sua adolescenza, sono stati da me inventati di sana
pianta. Anche perché io a quell’epoca della sua vita, neppure sapevo che
esistesse. Semplicemente, come spesso accade agli scrittori, si riesce meglio a
raccontare qualcosa o qualcuno che si conosce, dunque, avendo bisogno di un
ragazzino con quelle caratteristiche per parlare del problema dei rapporti
difficili che spesso in età adolescenziale si hanno con il proprio fisico che
cambia, mi è sembrato naturale ispirarmi alla figura del Gio, il mio gigante
buono preferito.
Per me Giovanni in questi anni è stato sinonimo di avventura:
con lui siamo davvero andati alla ricerca di fossili in luoghi impervi e
proibiti come la cava di Suello, ma anche ad ammirare suggestive collezioni in
Svizzera al Museo di Meride e in cento altri luoghi affascinanti che conosceva
solo lui. Ti veniva a prendere, ti caricava nella sua macchina-carapace e via
che si partiva per un nuovo viaggio che non avremmo più dimenticato. Con
Giovanni si poteva parlare in modo approfondito di tantissimi argomenti: di
cinema ( Gio, chissà cosa pensi dell’ultimo episodio de “Lo hobbit”) di musica
(e chissà cosa mi avresti detto del video di Welcome to Insomnia, ricordi, ci
avevi portato proprio tu per la prima volta a visitare Consonno!) di libri e di
fumetti, magari davanti ad un buon bicchiere di birra artigianale. Era un
piacere conversare con lui, non ti accorgevi che il tempo passava e i dieci
minuti diventavano ore. In politica avevamo idee diverse, ma questo non ti impediva,
caro Gio, di leggere i miei libri sui partigiani e perfino venire alla festa
dell’ANPI per sentirmi suonare! Sai perché? Perché eri una mente libera,
ironica, a volte caustica e apparentemente burbera: una grande persona. Sicuramente
vi sarete chiesti perché spesso, parlando del Gio, ho usato i tempi del
passato. È solo perché il grande Gio, da ormai due anni, ci ha lasciato. Il suo
cuore troppo grande ha smesso improvvisamente di battere in una fredda giornata
di inizio gennaio. Il giorno prima sei venuto a trovarci, ci eravamo scambiati
in ritardo i regali di Natale, sei stato con noi tutto il pomeriggio, poi ci
siamo salutati dandoci appuntamento a presto. Se lo avessimo saputo non ti
avremmo lasciato andare via, ti avremmo abbracciato più forte e ti avremmo
chiesto di raccontarci un’altra delle tue bellissime storie. Ogni volta che
guardo il tuo “primo pescetto” nella vetrinetta sono fiero di averti conosciuto
e penso che non ringrazierò mai abbastanza Raffaella per averci fatti
incontrare. Ciao Gio: perdonami se ti ho simpaticamente evocato in questa
piccola storia di fantasmi, ma avevo bisogno di sentirti ancora una volta
vicino.
Gianluca
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