“Si udì un grido, un grido supremo, ella vacillò, afferrandosi a quella
mano che l’avea perduta per aiutarla e cadde con lui nell’abisso. A Trezza si
dice che nelle notti di temporale si odano di nuovo dei gemiti, e si vedano dei
fantasmi tra le rovine del castello.” Subito Emma alzò la mano: “Ma Trezza
è Aci Trezza? Quella dei lupini di padron ? Ntoni?” (“Welcome to Insomnia”
p.48)
Sì Emma, proprio quella e il
narratore di questa insolita novella, “Le storie del Castello di Trezza”, è
proprio il verista Giovanni Verga, insolito vero? Anche io ho pensato la stessa
cosa la prima volta che ho scoperto che oltre alla lugubre Transilvania e alla
nebbiosa Scozia anche la nostra solare Sicilia fosse popolata di fantasmi
letterari. Non ci credete? Allora gustatevi quest’altro passo, non inserito nel
mio romanzo ma assolutamente degno di
nota: “Dentro…chiuditi dentro…bene. Non
ti spaventare…Se batto, se scuoto la porta e la graffio e grido…non ti
spaventare…non aprire…Niente…va’! va’! “Ma che avete?” gli gridò Sidora,
raccapricciata. Bata mugolò di nuovo, si scrollò tutto per un possente sussulto
convulsivo, che parve gli moltiplicasse le membra; poi, col guizzo d’un braccio
indicò il cielo e urlò: “La luna!”
Sì, avete capito bene, si tratta proprio di un
lupo mannaro, ma la storia non è ambientata a New York o a Londra, ma a
Girgenti. “Male di luna” è una novella di Luigi Pirandello che, tra una
tragedia e un romanzo, si è dilettato anche con il filone horror. Sempre a suo
modo, visto che, così come nel racconto di Verga, dietro alle sottili maschere
di questi fantasmi, stavano ben altri temi, cari ai nostri narratori: la verità
inconoscibile, l’inganno delle apparenze, la difficoltà di convivere con i pregiudizi.
Temi ancora attuali che mi avevano molto affascinato quando, ormai quasi vent’anni
fa, mi accingevo ad affrontare l’orale del concorso per provare a diventare
professore entrando dalla porta principale, senza neppure un giorno di
supplenza. Lo scritto era andato molto bene e dunque, ammesso che si potesse
giudicare la bravura di un insegnante da come scrive un tema, avevo molte
possibilità di passare l’esame. Ricordo che per l’orale, oltre al classico e tradizionale programma di storia della
letteratura, si poteva portare un breve elenco di argomenti scelti dal
candidato a seconda delle sue passioni e inclinazioni. Che bello! Per la prima
volta mi sembrava che, in un importante momento della propria vita
professionale si potesse dimostrare le proprie qualità in modo originale e
personale. Io dunque inserii nella lista dei miei argomenti temi come le
distopie nella fantascienza ( “1984” di Orwell, “Fahrehneit 451” di Bradbury…) gli illuministi italiani e il
dibattito sulla tortura e pena di morte (Verri “Osservazioni sulla tortura”, Beccaria
“Dei delitti e delle pene”) ma soprattutto l’elenco completo degli autori
italiani che avevano trattato il tema della paura nella loro produzione:
Capuana con il suo “Il vampiro”, lo scapigliato Igino Ugo Tarchetti con “Le
leggende del castello nero”, fino al mitico Dino Buzzati di “Eppure battono
alla porta”, oltre ai succitati Verga e Pirandello. Ricordo come fosse ieri che
la commissione esaminò il mio elenco di argomenti con facce che andavano dallo
scettico al sarcastico, guardandomi sottecchi come una bestia rara o forse come
qualcuno che era andato lì pensando di prenderli in castagna. Così, in men che
non si dica, chiusero e ripiegarono ben
bene il mio foglio delle passioni e mi proposero argomenti stimolanti quali: Il
candidato ci parli de “Il fanciullino” di Pascoli in rapporto con la sua
travagliata vita di affetti familiari. Niente da dire, era assolutamente nelle
loro facoltà. L’orale andò bene lo stesso, mi ero preparato per tutta l’estate
passando i pomeriggi di agosto appollaiato con i miei libri su uno solitario scoglio
dell’isola d’Elba, ma un filo di delusione si leggeva nei miei occhi quando
uscii dall’aula del concorso. Dovevano passare quasi vent’anni perché io
potessi tornare a raccontare a qualcuno la mia passione per la paura e le sue
importanti implicazioni psicologiche. Grazie a tutti voi che leggete questi post e che continuate a dirmi che “Welcome to Insomnia” vi sta appassionando e tenendo
con il fiato sospeso, siete la mia piccola grande rivincita J
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